103. La pornografia come strumento di controllo mentale (individuale e sociale) – Parte I: un quadro generale

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«Noi aspiriamo a corrompere per poter dominare»

Giuseppe Mazzini (massone, 1805-1872)

 

 

Parte prima: un quadro generale


 

E’ questo, quello che ci serve, prima di tutto: un quadro generale di riferimento, in cui tanti fenomeni, apparentemente isolati fra loro, possano essere collegati insieme e spiegati in relazione al controllo: dalle “comunità degli uomini-cane“, all’aborto, alla legalizzazione delle droghe, all’eutanasia, alla “teoria svedese dell’amore“, al divorzio, alla diffusione del consumo di psicofarmaci, aumento dei suicidi, depotenziamento cognitivo in ambito scolastico, e tanto altro ancora: non da ultimo, l’incredibile disegno di legge n. 2688, di cui ha dato chiarissima illustrazione Enzo Pennetta su Critica Scientifica. Un quadro, insomma, in cui collocare la pornografia contemporanea, per poter capire che cos’è in realtà.

 

Anticipo così la tesi che andrò a sostenere in questa e nelle prossime puntate:

La pornografia è un micidiale sistema controllo sociale.

Ma come agisce?

Tramite l’instupidimento, la distrazione di massa (era Noam Chomsky a spiegare questa tecnica), con la deprivazione sensoriale e mentale, con una progressiva e impressionante atrofizzazione del cervello e delle facoltà mentali superiori (linguaggio, significazione, quindi intelligenza latu sensu), ed in particolare attraverso un immane ed inevitabile processo di svirilizzazione del maschio e di trascinamento (nota n. 1) e condizionamento (nota n. 2) della femmina allo stato degradante di addetta a masturbazioni assistite, quando non di prostituta de facto.  

Sì, svirilizzazione. Avete letto bene: la pornografia – come vedremo – si basa sull’effetto Coolidge e conduce a problemi di erezione, anche nei più giovani (deficit erettile) e mancanza del desiderio. Ma del versante biochimico andremo a parlare nella prossima puntata. Come andrò a mostrare, infatti, la pornografia si iscrive perfettamente tra le tecniche di controllo mentale, quindi di controllo sociale, non solo per la sua drammatica forza simbolica ma, come vedremo, per il suo effetto fisiologico misurabile, sul cervello. E quindi sul comportamento.

Per quello che ho visto, la normalizzazione (che è la premessa logica del controllo) indotta dal consumo di pornografia agisce su due livelli:

un primo livello, in cui ci si abitua a considerare il rapporto unitivo tra uomo e donna come prestazione e consumo, nella riduzione dell’altro (prima immaginato e fantasticato, poi eventualmente anche realizzato) come dipendente rispetto all’io-spettatore rinchiuso in sé, incapace di un’autentica relazione. Una specie di monade, come avevo già indicato (vedi nota n. 3 a piè di pagina). 

un secondo livello deriva dall’assuefazione e dall’abitudine. L’abbruttimento del Sacro non è mai senza conseguenze. In questa fase,  esattamente per come avviene nelle droghe (ecco emergere l’aspetto fisiologico, di cui tratteremo nella seconda parte) il cervello di abitua e non si eccita più normalmente, con gli input naturali: una volta assuefatto, per stimolarlo c’è bisogno di qualcosa di più: ovvero di oggetti fantasticati sempre più fuori norma, più giovani per esempio, oltre che passare via via a pratiche sempre più estreme, fino alla sottomissione o alla tortura o alla violenza più bestiale, che col sesso non hanno più niente a che fare. 

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Il mio discorso introduttivo, quindi, è semplice.

E breve:

anche la pornografia è un’arma dell’Impero.

 

Anche se la giustificazione di questa tesi sarà chiara solo alla fine di queste micro riflessioni sul tema, posso già anticipare che come tutte le armi dell’Impero, questo metodo di controllo si presenta con la maschera del suo contrario: promette una maggiore libertà di espressione, una immediata realizzazione di sé stessi, al di là di dogmi e tabù. Mentre invece rende sudditi. Anzi: schiavi. E a due livelli: uno psichico, l’altro psichico. Nel seguito indicherò esattamente cos’ho trovato in merito.

Andiamo invece a marcare ancora solo un paio di cose sul quadro generale della faccenda.

Il mio assunto è che siamo nel mezzo di una morsa a tenaglia, di livello planetario, che sta giungendo alla fine. Molti sono i segni indicativi: l’uscita allo scoperto delle intenzioni mortifere, su tutto il pianeta, delle varie forze politiche che agiscono sul campo da un pezzo. L’accelerazione legislativa per restringere le libertà individuali. Gaffes clamorose, dei massoni, che finiscono per invitare Jovanotti ad una delle loro riunioni, e tanto altro ancora che per brevità voglio qui tralasciare.

Una gigantesca operazione di ingegneria sociale, insomma, che ha avuto probabilmente inizio nel ’68 e si è via via perfezionata ed allargata negli anni seguenti. Il suo scopo è la completa riduzione dell’umanità a monadi-isolate (nota n. 3), ad esseri dall’intelligenza ridotta, dalla capacità di critica sempre più  atrofizzata, preferibilmente asessuati, sempre meno capaci di stringere rapporti reali, sempre più dipendenti, in particolare dalla Tecnica e dal Mercato.

Questa premessa potrebbe durare pagine e pagine (credo di aver già scritto fin troppo in merito): andiamo anche qui al punto.

Come ci co-stringe, questa morsa a tenaglia?

 

Ovvero:

Come agisce, in concreto, questa immane operazione di ingegneria sociale?

 

La pornografia, infatti, è un potentissimo mezzo di condizionamento, ma non è certo il solo.

 

Per chi riesce ancora a vedere, oltre che guardare, è chiaro: il controllo agisce nella scuola, tramite il depotenziamento cognitivo (nota n. 4). Come lo si ottiene? Direi che anche intuitivamente ci si può arrivare: attraverso una progressiva riduzione del potenziale formativo dei programmi, dei metodi, delle qualità e dell’autorità (oltre che autorevolezza socialmente percepita) del corpo docente. Ogni giorno abbiamo una nuova notizia sull’impoverimento culturale e cognitivo dei nostri ragazzi. Non credo sia il caso di soffermarsi molto a lungo su questo punto. Tutti avete visto il problemino di terza elementare di qualche lustro fa che gli studenti universitari oggi non sono più in grado di rispondere, vero? Cercatelo. Ha fatto il giro del web.

La morsa agisce poi con il depotenziamento della famiglia. Dal ’68 la famiglia è stata sistematicamente oggetto di un violentissimo attacco destrutturante: aborto, divorzio,  in tempi più recenti la “lotta per i diritti degli omosessuali” (che ha portato alla sostanziale equiparazione di qualsiasi tipologia di coppia allo status di “famiglia”, mentre altrove già si parla di terna, quaterna, etc.), costituiscono i tratti più vistosi di questa evoluzione drammatica. Non dobbiamo certo stupirci se perfino l’Accademia della Crusca cade nel trucco della dipendenza dalle neo-lingue, così com’è chiaro quando ci riferisce che “siccome la lingua cambia”, anche  anche il concetto di matrimonio deve cambiare. Pazzesco, vero: è la lingua che dà senso alle cose e non viceversa. Eppure siamo a questo punto, come avevamo già osservato (vedi nota 5). E’ tutto il nostro mondo culturale che si trova ormai impastato nelle paludi del relativismo e della “post verità“.

Ed è quindi chiaro come mai oggi siamo qui ad usare termini impossibili, che non hanno alcun legame con la realtà: è la famosa neo-lingua, progettata a tavolino e metodicamente inculcata nel linguaggio comune, fino ad impossessarsi dei cervelli. Perché è così che funziona:

chi stabilisce le regole della sintassi e della semantica, ha già vinto il gioco del controllo sociale.

E lo ha già fatto in partenza.

Ora, concludendo questa sommaria introduzione, non posso evitare un accenno rapidissimo al lavoro instancabile, coordinato, delle cause farmaceutiche e di chi oggi detiene il potere enorme di stabilire che cosa sia malattia e di che cosa no. Non ci deve stupire se il consumo e la dipendenza da psicofarmaci ha raggiunto oggi livelli spaventosi. E nemmeno dobbiamo meravigliarci per la correlazione col tasso dei suicidi (vedi nota 6). E neppure, logicamente, per la planetaria campagna per convincerci a morire: morire, e farlo alla svelta, se possibile, soprattutto quando si è diventati un inutile costo, nella società dominata da chi regola l’azione sulla base del profitto e non certo sulla base della difesa della dignità umana.

Abbiamo visto cliniche dove i piccoli d’uomo vengono macellati da “operatori tanatologici“, per usare l’azzeccata espressione di Enzo Pennetta, che hanno il coraggio di farsi chiamare medici. Per poi essere rivenduti, a pezzi. Siamo attoniti, incapaci di rispondere alla pretesa di legalizzazione delle droghe. Anche se tutti sanno quanto siano dannose. Passando poi per la teoria svedese dell’amore ci dice com’è bello vivere soli. Morire soli. Come monadi, appunto. Siamo nell’epoca in cui i spopolano i bambini transgender e le bambole transgenderSiamo nell’epoca della “comunità” di “uomini – cane”

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.. e degli accessori che servono per leccare i propri cani o i propri gatti:

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La prima reazione, di fronte a questa carrellata (minima, vi assicuro), potrebbe essere quella di dedurre che il numero dei matti è in aumento. Deduzione corretta, ma incompleta. Proprio in base al mio assunto iniziale: dietro c’è un’immane operazione di ingegneria sociale. Ne avevo già cominciato a parlare qui (link).

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Direi che come quadro iniziale, sia pure largamente incompleto, può bastare per farsi un’idea di cosa ci aspetta.

Nella prossima riflessione: come la pornografia agisce sul cervello. Elementi di biochimica del cervello e le basi neurofisiologiche della dipendenza.

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Alessandro Benigni

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Note

1) Trascinamento: già Pier Paolo Pasolini – uno dei nostri più acuti intellettuali del secondo dopoguerra, omosessuale intelligente – aveva avvertito il rischio farsi “trascinare” dal medium televisivo, fino al verificarsi di vere e proprie alterazioni del comportamento, e più in generale degenerazioni sociali e culturali. Per Pasolini il trascinamento, l’omologazione, era osservabile già a partire dagli strati sociali più culturalmente indifesi: i giovani di borgata avevano infatti iniziato a vestire, comportarsi, pensare seguendo passivamente i modelli proposti allora dalla televisione. Con un acuto riferimento alla biologia (cosa che fa pensare anche a Oswald Spengler e al suo capolavoro Il tramonto dell’occidente), Pasolini denominò questi fenomeni col termine di “mutazione antropologica”, indicando con questo termine anche il fatto che la variazione delle mode e dei desideri della collettività è decisa prima nei consigli d’amministrazione delle reti televisive nazionali e poi viene fissata nelle menti dei telespettatori tramite messaggi manipolatori subliminali, la pubblicità, i programmi d’intrattenimento e così via. In campo più marcatamente filosofico, non si può dimenticare che anche un pensatore del calibro di Karl Popper ha riflettuto con preoccupazione sulla violenza che la televisione fa ai più indifesi, soprattutto ai bambini. La televisione trascina, appunto. In “Cattiva maestra televisione” (1994), analizzando i contenuti dei programmi e gli effetti sugli spettatori televisivi, Popper era giunto alla conclusione che il piccolo schermo fosse diventato ormai un potere a sé stante, incontrollato, capace di immettere nella società modelli violenti, in grado di influenzare concretamente la visione del mondo, le scelte di vita, le azioni ed i comportamenti degli individui. La televisione cambia radicalmente l’ambiente e dall’ambiente così brutalmente modificato i bambini traggono i modelli da imitare: ne vengono trascinati. Tanto che se non si attuano contromisure, il rischio in cui si incorre – secondo Popper – è quello di avere giovani sempre più disumanizzati, violenti ed indifferenti. Certamente si può andare ben oltre lo scomodare Popper e Pasolini per sostenere l’idea che la televisione abbia un potere formativo o addirittura di manipolazione vera e propria che è spesso – soprattutto in relazione all’audience – smisurato. In questo senso dovremmo ricordare anche John Condry. Secondo questo studioso, occorre saper distinguere tra i fini “espliciti”, manifesti, del mezzo televisivo e i suoi fini “latenti”, e lasciare emergere la corrispondente diversificazione valoriale. La sua analisi diventa prevedibilmente lapidaria ed inappellabile nelle sue conclusioni: la televisione “…presenta idee false e irreali, non possiede un sistema di valori coerente se non il consumismo” , anzi, precisa lo studioso “i suoi valori sono i valori del mercato”. (John Condry, Thief of time, unfaithful servant. Television and the American child, 1993).

 

2) Il condizionamento è quel processo che si verifica con l’associazione di uno stimolo incondizionato (naturale) ad uno condizionato (artificiale) in un organismo, ove lo stimolo condizionato induce naturalmente una risposta della cui prossimità lo stimolo incondizionato (arbitrario) si avvale. Il concetto è di derivazione etologica. Ed è una modalità di apprendimento potentissima, proprio in quanto si basa sulla formazione di riflessi “associativi” o, appunto, “condizionati”. Il termine viene comunemente usato in due accezioni: il classico (o pavloviano, rispondente) e il condizionamento strumentale (od operante, skinneriano). Il primo tipo di condizionamento, scoperto e studiato dal fisiologo russo Pavlov, si riferisce ai processi che si verificano in un organismo ogni volta che due stimoli dotati di determinate caratteristiche vengono presentati in stretta contiguità temporale. Di tali stimoli, uno (stimolo incondizionato o SI) è in grado di provocare una determinata risposta (risposta incondizionata o RI), mentre l’altro (stimolo condizionale o SC) non è in grado di provocarla di per sé; in seguito all’accoppiamento ripetuto dei due stimoli, anche lo SC acquista la capacità di provocare una risposta (risposta condizionata o RC) assai simile a quella provocata dallo SI. Perché il condizionamento si possa verificare è necessario che lo SC preceda o si sovrapponga allo SI. Il secondo tipo o condizionamento strumentale, studiato in particolare dalla scuola americana sulla scia di Thorndike, Skinner e Hull, si riferisce ai processi che si verificano in un organismo ogni volta che uno stimolo, che abbia prodotto una risposta avente come effetto una ricompensa o l’allontanamento di una punizione, acquista in seguito a ciò maggiori probabilità di produrre la medesima risposta. La risposta che produce la ricompensa viene detta risposta condizionata (RC) e lo stimolo che la evoca viene detto stimolo condizionato (SC); lo stimolo provocato dalla RC viene definito stimolo incondizionato (SI) o, più frequentemente, rinforzo (Rf). La situazione sperimentale più comunemente usata nel condizionamento strumentale è la seguente: un animale affamato viene posto in una gabbia speciale, dotata di una leva che possa essere agevolmente premuta dall’animale e di una mangiatoia rifornita da un meccanismo automatico. Se il soggetto preme la leva (RC) una piccola dose di cibo (Rf) cade nella mangiatoia e l’animale la mangia: ciò rende più probabile l’ulteriore pressione sulla leva che verrà quindi nuovamente premuta provocando ancora la presentazione del Rf e determinando un ulteriore aumento della probabilità di esecuzione della RC. Entrambi i tipi di condizionamento hanno in comune caratteristiche che fanno pensare ad almeno alcuni meccanismi simili. Queste caratteristiche sono: l’estinzione, cioè la progressiva diminuzione e la scomparsa della risposta se lo SC in un caso e il Rf nell’altro non vengono più presentati; la generalizzazione, fenomeno per cui la RC viene provocata anche da stimoli molto simili allo SC; la discriminazione, per cui un animale riesce a distinguere fra due stimoli di caratteristiche sufficientemente differenti. I principi dell’apprendimento e quindi le possibilità del condizionamento sembravano essere universalmente diffusi nel regno animale, tanto da far parlare addirittura di un “principio unico”, comune a ogni animale; ma con l’allargarsi degli esperimenti ci si avvide che animali differenti rispondevano a condizioni uguali in maniera qualitativamente diversa. Se, per esempio, veniva cambiata la ricompensa nel corso dell’esperimento, e ne era somministrata una che non piaceva al soggetto, i ratti rispondevano peggiorando la performance, mentre i pesci rossi non variavano l’efficacia della risposta al mutare della ricompensa. Si parla di condizionamento avversivo, quando a un ratto viene somministrato un alimento di per sé innocuo, per esempio una soluzione di glucosio, e poi gli viene iniettata una soluzione tossica, per esempio cloruro di litio, il ratto eviterà in futuro di assumere quell’alimento. Il fenomeno viene spiegato con l’instaurazione di un processo associativo che mette in relazione l’alimento ingerito e il malessere sperimentato. Gli animali a dieta piuttosto ampia spesso ingeriscono solo piccole quantità degli alimenti che non conoscono, comportamento adatto a prevenire un eventuale avvelenamento. È possibile che attraverso le sensazioni procurate da questi alimenti decidano poi se continuare ad assumerne o meno. Anche variazioni delle caratteristiche dell’estinzione fra ratti, pesci rossi e tartarughe fanno pensare a differenze nei vari processi del condizionamento. Tutti questi studi hanno come fine non solo la scoperta dei processi del condizionamento in quanto tale, ma anche di quelli dell’apprendimento come fenomeno che necessariamente sottostà al condizionamento stesso. Tali studi sono oggi rivolti non tanto a generalizzare i processi di condizionamento dall’animale all’uomo – tra l’altro perché il condizionamento sull’uomo può essere e molto spesso è ben diverso – quanto a scoprire le modalità dell’apprendimento in ogni animale, secondo un’ottica etologica che mira cioè a conoscere il comportamento degli animali dal punto di vista evoluzionistico. Rientra in questo tipo di studi anche il problema dell’innato. Si è infatti notato che esistono processi innati di apprendimento che influiscono sulle performances di animali sottoposti a condizionamento in modo da impedire loro di rispondere “normalmente” alle condizioni sperimentali. Questi processi prendono il nome di malcomportamento e dipendono probabilmente dai cosiddetti “limiti biologici all’apprendimento” (constraints on learning). Accade così che un procione non riesca più dopo qualche prova a mettere un gettone in una cassetta, proprio perché l’animale in natura manipola il cibo prima di mangiarlo: il gettone non viene più buttato via perché “è” il cibo e il cibo non va certo gettato. Questi e analoghi esperimenti hanno convinto gli etologi che gli animali rispondono a situazioni simili in maniera dettata non solo dal contesto sperimentale, ma anche dai loro stessi metodi di nutrizione o più in generale di comportamento. Si va così facendo strada l’ipotesi che tipi diversi di apprendimento (e quindi di risposta alle condizioni di condizionamento) si siano evoluti separatamente l’uno dall’altro in differenti linee filetiche e che non si possa così generalizzare troppo facilmente ed estrapolare, da processi limitati a poche specie animali, principi generali che possono differire invece moltissimo da animale ad animale. L’ipotesi del “principio unico”, secondo cui l’apprendimento e il condizionamento obbediscono sostanzialmente alle stesse leggi in ogni animale, può così essere respinta. Gli esperimenti vengono effettuati non solo su pochi animali da laboratorio, ma altresì su un gran numero di animali anche filogeneticamente distinti, per poter condurre ricerche comparate sul condizionamento e descrivere una scala di modalità di apprendimento che rispecchi anche la filogenesi. (Cfr. Enciclopedia di Psicologia De Agostini)

 

3) “Monade animale“: per “monade animale” intendo (vedi cap. I, II, III e IV de “La monade animale”) la prefigurazione di un nuovo modello di uomo e di cittadino, funzionale al sistema globale del controllo e dei consumi (quello che io chiamo Impero) in cui la persona viene progressivamente ed impercettibilmente ridotta a “monade”, a individuo isolato e sempre più scisso (non più “in-dividuo”) nella sua interiorità, come nei rapporti e nei legami sociali. Convinto di essere poco più che un animale evoluto, e di averne più o meno lo stesso valore, incerto sulla propria dignità, sulla propria identità sessuale, sulla sfera inviolabile dei propri diritti e sulla sacralità della vita umana, sarà più facilmente ridotto ad essere totalmente manipolabile. Il sogno del mercato e la manifestazione più violenta della volontà di potenza, tipica del nichilismo imperiale, che stiamo subendo. E non da tempi recenti.

 

4) “Depotenziamento cognitivo“: ne abbiamo discusso nei cap. I, II e III de “La monade animale“. Ripeto qui solo quanto Giuseppe Semerari ricordava in un suo recente scritto: […] già il vecchio Weber, non aveva esitato a denunciare il pericolo di un’età degli “specialisti senza intelligenza“, preoccupati solo di applicare gli schemi concettuali di una razionalità tecnico-formale burocraticamente organizzata, ovverosia solo intenti “a costruire la gabbia di quell’assoggettamento dell’avvenire, al quale un giorno forse gli uomini, simili ai fellaga dell’antico Egitto, saranno costretti ad adattarsi impotentemente, se per essi una sistemazione buona dal punto di vista puramente tecnico… è il valore ultimo e unico che deve decidere sul genere della loro attività” (M. Weber, Gesammelte politische Schriften, Tübingen, 158, p. 320, cit. in G. Semerari, Filosofia e Potere, Dedalo, Bari, 1973, p. 212).

 

5) A questo proposito rimando qui: Gender: l’impossibile è possibile, anzi realeGender – follia: inventare parole per ciò che non esiste (il caso “Hen”), Gender – distruzione: attraverso il linguaggio – (Parte prima), Gender – distruzione: attraverso il linguaggio – (Parte seconda)

 

6) “In Italia è aumentato – ed è presumibile che stia crescendo tutt’ora – sia il consumo di antidepressivi che il numero dei suicidi. Lo rileva il Rapporto Osservasalute del 2015.” Se vuoi approfondire, leggi qui.

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