Psicologi, filosofi e giuristi contro nozze e adozioni omosessuali

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Una serie di contributi da psicologi, filosofi e giuristi contro nozze e adozioni omosessuali. Leggere, informarsi, conoscere, capire.

Quindi condividere, per informare e far ragionare le persone.

E sperare che anche altri possano capire:

il diritto dei bambini, il loro bene, viene prima di tutto.

 

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55. “Non si può aspettare 50 anni per vedere se un bambino privato della madre e adottato da una coppia omosessuale ha patologie. La scienza non è in grado di dirlo oggi, tanto è vero che si basa sul principio di massima prudenza”. Alessandro Meluzzi, psichiatra, taglia corto e ribadisce quello che molto esperti sostengono: impossibile stabilire come sarà tra 50 anni un bambino cresciuto con due padri o due madri..

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54. “È stupefacente e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini… Ordinare un bambino e saldare il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato. Ma si tratta giuridicamente di una persona, non di una cosa”. [Sylviane Agacinski, filosofa francese]

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53. “Io ho sempre dato come scontata per i paesi europei, almeno per quelli più antichi, una posizione di civiltà acquisita. Ora invece nulla è più scontato, a causa di questo fenomeno per cui si inventano “diritti” di tutti i tipi. Non esiste un diritto di avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere: finito il tempo delle grandi aggregazioni e dei partiti, è un nuovo modo di fare politica cercando consensi. L’utero in affitto si innesta in questa tendenza, anche se è nato prima, negli Usa, con gli effetti che sappiamo. È la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne”. (Luisa Muraro, filosofa femminista)

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52. “La donna che si sottopone alla maternità per conto terzi è usata come mero strumento di produzione e non come persona […] Il figlio, inteso come prodotto acquistato, non saprà mai le sue vere origini”. Vittorio Possenti, filosofo.

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51. “Il punto è che la maternità e la paternità non sono un diritto. L’umanità è divisa in due e in questo aspetto è intrinseco il concetto di limite. Non sto parlando degli orientamenti sessuali, ovviamente. Ma la procreazione si fa in due. Ognuno può fare quello che vuole in privato ma non possiamo formalizzarlo in un diritto. Perché nella logica dei diritti allora si potrebbe arrivare a concepirne una dotazione illimitata che prescinde dai limiti e che ogni individuo può affermare anche nel suo isolamento”. Francesca Izzo (intellettuale femminista)

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50. “Come dico da anni, il’diritto alla genitorialità’, che sia etero o gay, è inesistente. C’è solo il diritto del bambino a non essere strappato in cambio di soldi alla donna che l’ha partorito. Anzi, direi di più: in quella relazione primaria, in cui i due sono ancora un uno inscindibile, il diritto non deve mettere le mani. Tanto meno il mercato” [Marina Terragni, pubblicista]

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49. “La maternità surrogata degrada un bambino a un acquisto, o a un ‘diritto’, che in realtà non esiste, per chi ha i mezzi finanziari per procurarselo. Come avvocata dei diritti umani penso che i bambini abbiano diritto a una storia genetica e a genitori biologici, a meno che questo non sia reso impossibile da circostanze eccezionali. Trasferire le funzioni di genitorialità a un acquirente nega al bambino qualsiasi diritto nei confronti dei suoi genitori biologici. Inoltre se le circostanze degli aspiranti genitori cambiano durante la gravidanza, o se i bambini nascono con problemi di salute, questi si trovano esposti al rischio di essere privati del tutto di un genitore” [Kathy Sloan, intellettuale femminista americana]

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48.”Le questioni bioetiche sono tutte gravide di una propria e diversa drammaticità. Uno dei tanti paradigmi da esplorare è quello del crescente divario tra ricchi e poveri: le necessità di sopravvivenza costringono molti a rivolgersi a un atroce mercato di parti del corpo umano. Si cede uno degli organi gemelli, occhi, reni, per potersi sfamare. Si affitta l’utero perché la gestazione per conto altrui è un’occasione di guadagno. Le occasioni di cessione dei tessuti, di materiale genetico, si contrabbandano per donazioni, coperte da rimborso spese, ma sono compravendita. E si entra nell’attività criminale quando si espiantano organi da corpi in cui non si è ancora verificata la morte, oppure quando è stata procurata con falsi incidenti, o quando si organizzano rapimenti di bambini per allevarli come serbatoio di organi”. [Francesco Paolo Casavola, Professore di diritto]

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47. “Nessuna donna accetterebbe di fare un figlio per altri come donazione gratuita: per nove mesi se l’è cresciuto dentro, con lui ha instaurato la più stretta relazione che si possa avere con un altro essere umano. Usciamo da questa ipocrisia, è una vera compravendita di donne sfruttate da ricche coppie omosessuali o eterosessuali occidentali, disposte a pagare centomila dollari per comprare la loro maternità.” [Ritanna Armeni, pubblicista]

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46. Le coppie omosessuali che usano la fecondazione in vitro (IVF) od una madre surrogata (ovvero l’utero in affitto, ndr) creano un classe di bambini che vivranno separati dal loro padre o dalla loro madre.
I bambini nati tramite IVF chiedono spesso alla loro madre single o lesbica del loro padre con domande del tipo:
“Mamma cosa hai fatto con il mio papà?”
“Posso scrivergli una lettera?”
“Mi ha mai visto?”
“Gli somiglio?”

[Kyle Pruett, Psichiatra, Yale Child Study Center]

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45. “Quella contro le ‘fabbriche di bambini’ è innanzitutto una battaglia per i diritti umani e la libertà di tutti – ovunque nel mondo -, nonché per la sacralità della vita, nell’interesse prevalente del bambino e contro ogni nuova forma di schiavitù delle donne”

[Anna Pozzi, pubblicista]

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44. “L’utero in affitto? Una pratica semplicemente a-bo-mi-ne-vo-le. Sono indignata. Dopo tante conquiste, dopo tanti anni, tante passioni, energie spese a far capire ai nostri uomini che la maternità è una relazione, che il corpo della donna è un grembo psichico, è il luogo che dà la vita, ripiombiamo indietro di secoli. Non è accettabile. Oggi, dopo tutto ciò, questo grembo che dà la vita è ridotto a mercimonio, proposto ad altri per denaro” Livia Turco, politico, esponente PD.

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43. I “militati del desiderio” rivendicano il diritto alla “famiglia omoparentale”, “il diritto ad un figlio”; vengono ascoltati e i media danno loro spazio. Rappresentano un gruppo di elettori identificabile e ne sanno approfittare. I politici lo sanno. Appoggiano le loro rivendicazioni, impegnandosi in proposte messe insieme frettolosamente con il solo scopo di rispondere alle aspettative degli elettori, un riempitivo del vuoto della loro mancanza di convinzioni in materia familiare. [Sophie Marinopoulos, Psicologa clinica e psicoanalista]

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42. La presenza del padre al fianco della madre agisce come un fattore di stabilità. Intanto perché induce la moglie a valorizzare, accanto a quella materna, anche l’identità femminile, inoltre perché il “nome del padre” introduce la Legge fondamentale che, impedendo l’incesto, impone la distanza là dove regna il massimo di prossimità. La famiglia è una scacchiera ove si gioca una partita che prevede regole e posizioni predeterminate. La posta è costituita dalla possibilità, per i figli, di accettare il posto loro assegnato e al tempo stesso di abbandonarlo progressivamente sino a uscire dal gioco e trovarne uno proprio, senza tuttavia spezzare i rapporti preesistenti. [Silvia Vegetti Finzi, psicologa clinica, scrittrice e saggista].

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41. Il processo di felicità intorno al bambino o grazie a lui nasce da un processo di idealizzazione supportato da quello che chiamiamo “Io ideale”, istanza psichica che sostiene le aspirazioni narcisistiche di ogni individuo. E’ costituito dai sogni di potenza, di riuscita e di realizzazione narcisistica. Fa a meno della realtà e nel desiderio di essere genitore, si vive e si immagina onnipotente, anche sul concepimento dell’essere atteso. Per estensione sarà quindi onnipotente su ciò che sarà il figlio. [Sophie Marinopoulos, Psicologa clinica e psicoanalista]

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40. “Si sta organizzando la produzione di bambini come adorabili oggetti di consumo”
Claudio Risè, docente universitario e psicoterapeuta.

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39. La mia posizione è pregiudizialmente dalla parte dei bambini. E’ loro diritto inalienabile sapere di chi si è figli e non si può rispondere che la mamma è un utero in affitto o il padre uno sperma congelato. Tutto il resto è compatibile con una discussione sulla visione etica che appartiene ad ognuno. Una donna che “ospita” un feto per nove mesi per disfarsene per una manciata di dollari, non è una donna ma una macchina. Scegliere razza e connotati della madre/utero è una pratica eugenetica che io aborro. [Paolo Crepet, psichiatra e sociologo]

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38. “Vogliamo vietare la maternità surrogata in ogni Stato, ogni provincia, ogni Paese del mondo. Per farlo vogliamo che l’Onu dichiari l’affitto di uteri una violazione dei diritti umani e lo metta al bando. Il percorso è lungo, ma la consapevolezza sta crescendo. Comincia ad emergere il danno che la maternità surrogata infligge ai figli precedenti della madre surrogata, che per essere assoldata deve dimostrare di avere portato a termine una gravidanza. Vedere la madre cedere il nuovo nato in cambio di denaro crea traumi profondi”. [Phyllis Chesler, femminista americana, docente di psicologia alla City University of New York]

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37. Nell’agosto 2015 sul British Journal of Education, Society & Behavioural Science sono stati riesaminati 3 precedenti studi pubblicati tra il 2004 il 2008 dal Dr Jennifer Wainright e dalla Dr.ssa Charlotte Patterson, forse tra i più citati a sostegno della genitorialità omosessuale in quanto hanno utilizzato per la prima volta un campione rappresentativo, concludendo che i bambini che crescono con genitori dello stesso sesso non hanno svantaggi rispetto a quelli che crescono con genitori di sesso opposto. La revisione dei dati ha tuttavia rilevato che dei 44 casi di coppie lesbiche che costituivano il campione, ben 27 erano in realtà genitori eterosessuali male identificati (un errore presente nell’Add Health survey consultato dai due autori), cioè erano bambini che vivevano con una madre e un padre. Dopo la correzione dell’errore fatale, la ri-analisi del campione ha rivelato che gli adolescenti cresciuti con genitori dello stesso sesso sperimentano una significativamente minor esperienza di autonomia e livelli maggiori di ansia rispetto ai bambini con genitori di sesso opposto. Analizzando i dati del campione di adolescenti cresciuti con famiglie omosessuali è emerso inoltre che se i due genitori dello stesso sesso erano sposati, i bambini mostrano sintomi ben maggiori di crisi di depressione, di pianto e attacchi di panico rispetto a quelli cresciuti con genitori non sposati.

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36. Intellettuali femministe contro l’utero in affitto: “Donne, femministe, filosofe, ricercatrici di varie discipline. Ci sono anche le lesbiche. In Francia, sono loro a scendere in campo per chiedere l’abolizione universale della Gpa, in italiano maternità surrogata o utero in affitto. Combattono contro la mercificazione del corpo della donna pagata o sfruttata per far nascere bambini che “saranno consegnati ai loro committenti”. Insieme e sotto la presidenza di Laurence Dumont, hanno promosso a Parigi una Conferenza (Les Assises) martedì 2 febbraio (2016) nella Salle Victor Hugo della Assemblée Nationale. Scopo dell’iniziativa radunare responsabili politici, associazioni femministe e di difesa dei diritti umani, di tutta Europa, per mostrare e combattere “una pratica sociale che lede i diritti fondamentali dell’essere umano”.

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35. [intervista] “(…) Alcuni studi dicono che le persone Lgbt hanno capacità genitoriali come tutti. Perché è un problema se una coppia gay adotta un bambino?
“Sono i bambini che hanno dei diritti, poiché sono delle persone, non delle cose. Ci sono dei diritti del bambino. Ma non vi è il diritto al bambino. Alcuni studi? E quelli che mostrano il contrario? Capacità genitoriali? Le persone omosessuali devono avere gli stessi diritti e doveri di tutte le altre persone. Non dubito della loro capacità di dedizione. Ma la questione non riguarda gli individui, ma le coppie. Sono queste ultime che possono generare dei bambini. Possono le coppie omosessuali? Evidentemente no. Piuttosto c’è bisogno di una terza persona, padre donatore del seme o madre surrogata, uno strumento, usa e getta. Una volta nato il bambino crescerà senza madre o padre. Il mio è stato ucciso quando avevo un anno. Sono stato molto amato da mia madre, e ho stimato e ammirato mio nonno e mio zio. Tuttavia non avere avuto un padre è una ferita che resta aperta… Nel mio caso, non è stata certamente una cosa voluta. Non riconosco il diritto di imporre tale ferita volontariamente a un bambino”. [Rémi Brague, professore emerito di filosofia alla Sorbona di Parigi e ha occupato la cattedra Romano Guardini alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, esperto di cultura islamica, ebraica e cristiana, profondo conoscitore del mondo greco e romano].

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34. “Diciamocelo chiaramente: con la ‘stepchild adoption’ si concede il diritto a un padre naturale di estendere la genitorialità a chi desidera lui. Non vedo proprio la tutela di un diritto del bambino. Ci potrà essere qualche caso limite. Ma non si legifera mai per i casi limite, quanto per i casi ordinari. E qui, di ordinario, vedo piuttosto l’aspirazione di qualcuno a utilizzare la maternità surrogata nascondendosi dietro il presunto interesse del bambino”. [Ugo De Siervo, ex presidente della Corte Costituzionale]

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33. «Le persone gay hanno tutti i diritti tranne uno, quello di impedire lo sviluppo delle vaste potenzialità che ogni bambino ha insite in sé. Se gli si negano le due polarità maschile e femminile, cioè il diritto di avere entrambi i modelli parentali, viene privato della possibilità di acquisire le dinamiche utili per la crescita. È a quell’età che i bambini creano dentro di sé le convinzioni su se stessi, la vita, il mondo, che determineranno tutto il loro futuro, e queste derivano da un genitore maschio e uno femmina». La famiglia non è quella omosessuale, «madre natura ne sa più di noi». [Bruno Renzi (psichiatra e ex direttore all’ospedale Sacco di Milano e docente presso l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Bologna, La Sapienza di Roma e l’Università di Catania)]

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32. “La maternità surrogata vìola così tanti principi-base della convivenza umana da oltrepassare le barriere. Mercifica i corpi delle donne, riduce i bambini a oggetti da ordinare da parte di chi se li può permettere, etero o omosessuali, calpesta i diritti delle donne e dei bambini, li espone a enormi rischi per la salute. Ma non basta: recide il legame primordiale fra madre e figlio, apre la porta alla sperimentazione eugenetica e porta al traffico di donne”. [Phyllis Chesler, femminista americana, docente di psicologia alla City University of New York]

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31. […] Le ricerche di M.W. Yongman che studiano le interazioni dei genitori con il neonato, pongono in risalto l’originalità e la positività del contributo del padre nei confronti di lui; mettono in risalto la ricchezza egli scambi con il padre e con la madre, diversi fra loro, ma altrettanto densi di stimoli per il bambino. Un padre che si intrattiene con lui deve non già confondersi con le attenzioni della madre bensì svolgere una funzione sua propria, convinto che il figlio debba fruire delle “cure paterne” e delle “cure materne”. [..] Infine la presenza del padre ha una “funzione strutturante” per l’acquisizione del sentimento di appartenenza ad un sesso o all’altro per il fatto di essere “oggetto eterosessuale” e “modello di identificazione”. “L’avvaloramento di sé per il fanciullo è legato all’ammirazione che può avere per il padre. La capacità di sentirsi amabile è legata per la fanciulla al fatto di essere stata amata dal padre in quanto figlia”. Da: Norberto Galli, Pedagogia della famiglia ed educazione degli adulti

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30. «Se noi stacchiamo il fatto procreativo dalla relazione affettiva e sessuale si può ipotizzare un futuro in cui la produzione degli esseri umani avviene totalmente attraverso le macchine. Una volta combinato tecnicamente l’ovocita e lo sperma, si procederà a costruire artificialmente degli esseri umani. La scienza potrà arrivare a questo. Il problema non è impedirlo. La ricerca deve fare i suoi percorsi per capire quello che può della vita. Ma l’uomo non deve consentire che tutto ciò che è tecnicamente fattibile diventi lecito. […] Il patrimonio genetico è un bene che appartiene alla collettività storica nella quale si è formato. Come debbono essere beni condivisi l’ambiente, le piazze delle città, aspetti della vita economico sociale, così ci sono questioni che riguardano la cultura e la antropologia che non possono essere a disposizione di una libertà senza limiti”. (Pietro Barcellona)

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29. La psicanalista Claude Halmos, una dei massimi esperti riconosciuti in età infantile, ha spiegato che è sbagliato affermare che le coppie omosessuali sono uguali a quelle etero, e «rivendicando il “diritto alla non differenza” richiedono che le coppie gay abbiano il diritto “come le coppie eterosessuali” di adottare bambini . Questo mi sembra un grave errore […]. I bambini che hanno bisogno di genitori di sesso diverso per crescere». La questione, ha scritto, non è se «gli omosessuali maschili o femminili sono “capaci” di allevare un bambino», ma essi non «possono essere equivalenti ai “genitori naturali” (necessariamente eterosessuali)». In questo dibattito, inoltre, «il bambino come persona, come un “soggetto” è assente». Ed ecco il vero punto della questione: «ignorando un secolo di ricerche, i sostenitori dell’adozione si basano su un discorso basato sull”amore”, concepito come l’alfa e l’omega di ciò che un bambino avrebbe bisogno», non importa se esso arrivi da un uomo e una donna, o da due donne. Ma queste affermazioni, ha continuato la psicanalista, «colpiscono per la loro mancanza di rigore»perché «un bambino è in fase di costruzione e, come per qualsiasi architettura, ci sono delle regole da seguire se si tratta di “stare in piedi”. Quindi, la differenza tra i sessi è un elemento essenziale della sua costruzione». Invece si vuole mettere il bambino «in un mondo dove “tutto” è possibile: dove gli uomini sono i “padri” e anche “mamme”, le donne “mamme” e anche “papà”. Un mondo magico, onnipotente, dove ciascuno armato con la sua bacchetta, può abolire i limiti», ma questo risulta essere «debilitante per i bambini». Essi si “costruiscono” attraverso «un “legame” tra il corpo e la psiche, e i sostenitori dell’adozione si dimenticano sempre il corpo. Il mondo che descrivono è astratto e disincarnato». Nella differenza sessuale, invece, «tutti possono trovare il loro posto […], consente al padre di prendere il suo posto come “portatore della legge […], permette al bambino di costruire la sua identità sessuale».

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28. La psicologa italiana, Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia Dinamica presso l’Università di Pavia, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e dell’Osservatorio Permanente sull’infanzia e l’adolescenza ha ricordato che Sigmund Freud definisce l’Edipo come “l’architrave dell’inconscio”, cioè «il triangolo che connette padre, madre e figlio. Entro le sue coordinate si svolgono i rapporti inconsci erotici e aggressivi, animati dall’onnipotenza Principio di piacere, “voglio tutto subito”, che coinvolgono i suoi vertici. Per ogni nuovo nato il primo oggetto d’amore è la madre ma si tratta di un possesso sbarrato dal divieto dell’incesto, la Legge non scritta di ogni società». La rivalità con il padre, nell’immaginario, è automatica e termina per due motivi: «per il timore della castrazione, la minaccia di perdere il simbolo dell’Io, e per l’obiettivo riconoscimento della insuperabile superiorità paterna. Non potendo competere col padre, il bambino s’identifica con lui e sceglie come oggetto d’amore, non già la madre, ma la donna che le succederà». Attraverso questo gioco delle parti, dunque, il figlio riesce a prendere «il posto che gli compete nella geometria della famiglia, assume una identità maschile e si orienta ad amare, a suo tempo, una partner femminile. Tralascio qui il percorso delle bambine, troppo complesso per ridurlo a mera specularità. Ma già quello maschile è sufficiente a mostrare come l’identità sessuale si affermi, non in astratto, ma attraverso una “messa in situazione” dei ruoli e delle funzioni che impegna tanto la psiche quanto il corpo dei suoi attori». Noi non abbiamo un corpo e «non è irrilevante che esso siamaschile o femminile e che il figlio di una coppia omosessuale non possa confrontarsi, nella definizione di sé, con il problema della differenza sessuale. La psicoanalisi non è una morale e non formula né comandamenti né anatemi ma, in quanto assume una logica non individuale ma relazionale, mi sembra particolarmente idonea a dar voce a chi, non essendo ancora nato, potrà fruire soltanto dei diritti che noi vorremo concedergli».
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27. Pietro Zocconali, presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi (ANS), ha affermato«I bambini sono dotati di grande capacità di adattamento, tuttavia, sulla base della letteratura scientifica disponibile vivono meglio quando trascorrono l’intera infanzia con i loro padri e madri biologici. Il bambino riconosce se stesso e il proprio futuro rispecchiandosi e relazionandosi al maschile e al femminile di una madre e di un padre, biologici o adottivi. In assenza di questa diversità sessuale il benessere del bambinoè a rischio, come dimostra la stragrande maggioranza dei dati raccolti dalla più validata letteratura psico-sociale a livello mondiale e non da quattro sofismi artatamente richiamati dalla comunità gay e privi di riconoscimento scientifico».
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26. Il filosofo Giacomo Samek Lodovici, docente presso l’Università cattolica, ha spiegato: «è ovvio che le coppie omosessuali non possono contribuire mediante la procreazione alla continuazione della società. Si obbietta che potrebbero farlo adottando dei bambini ma, in realtà, dare dei bambini in adozione a queste coppie significa, quanto meno, privarli della figura materna/paterna, che non può essere surrogata da chi è uomo/donna». Inoltre, «i dati che finora abbiamo a disposizione mostrano che i bambini affidati a queste coppie hanno una probabilità molto più alta di soffrire di gravi disturbi psicologici, di avere un’autostima bassa, una maggiore propensione alla tossicodipendenza e ad autolesionarsi». Tutto questo, ha spiegato il filosofo (citando ovviamente le fonti bibliografiche), per i seguenti 5 motivi: 1)assenza della figura materna/paterna; 2)brevità dei legami omosessuali; 3) probabilità molto superiori degli omosessuali di avere una salute peggiore; 4) i bambini che vengono adottati hanno alle spalle già una storia di sofferenze e/o violenza: così, alla differenza tra i genitori naturali i genitori adottivi – che già di per sé costituisce una difficoltà – si viene ad aggiungere il fatto che la coppia dei secondi non è analoga alla coppia dei primi; 5) è insito nel bambino un bisogno di divisione dei ruoli, di sapere “chi fa che cosa” e “da chi mi posso aspettare questo atteggiamento e da chi mi posso aspettare quell’altro. Il matrimonio monogamico, ha quindi concluso, offre maggiore garanzie di stabilità, perché: a) il vincolo giuridico matrimoniale rafforza il legame; b) il diverso atteggiamento dei coniugi (che fanno un progetto di definitività) rafforza l’impegno; c) l’antropologia culturale dimostra che la ritualizzazione (per es. la cerimonia nuziale) di un impegno accresce la capacità di rispettarlo. Inoltre lo Stato deve proteggere il matrimonio monogamico perché è l’istituto giuridico migliore per garantire la continuazione di una società.
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25. Il giurista Francesco D’Agostino, professore di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e Presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica, ha affermato: «A mio avviso, dietro a tutta questa dinamica – che riguarda ormai la grande maggioranza dei Paesi occidentali – non c’è tanto una nuova consapevolezza del valore del rapporto di coppia omosessuale quanto, piuttosto, una continua e, sembra, inarrestabile perdita di valore dell’essenza del matrimonio in quanto tale». Ha quindi continuato: «Quanto più il matrimonio viene interpretato come un’esperienza eticamente ed antropologicamente fragile, e priva comunque di un grande spessore sociale, tanto più diventa facile equiparare al matrimonio esperienze di rapporto – come quella omosessuale – che, con il matrimonio autentico, hanno ben poco a che fare, ma che possono diventare apparentemente simili al matrimonio quando il matrimonio eterosessuale viene progressivamente svuotato di senso, di valore o di dignità».
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24. Lo psichiatra Italo Carta, docente di Clinica Psichiatrica presso l’Università degli Studi di Milano, ha spiegato che se la legge, come fa la sentenza della Cassazione, va contro il diritto naturale praticamente annullandolo, succede il caos: «Se si tolgono le evidenze che accomunano qualsiasi uomo, a prescindere dal contesto e dalla tradizione da cui proviene, si cade nell’arbitrarietà», cioè «prevale il diritto del più forte, di chi urla di più. In questo caso quello dei promotori di questi diritti. Siamo in un momento storico in cui la volontà è così tracotante da voler prendere il sopravvento sulla conoscenza delle cose e così le violenta: io voglio fare una famiglia con una persona del mio stesso sesso, non solo chiedo di non essere discriminato ma pretendo di generare, con tecniche violente e artificiali, e poi pure di allevare, un innocente in un contesto che non gli farà sicuramente del bene. Se si salta il fondamento del diritto che è nella legge naturale, e nella ragione umana che la riconosce, la giustizia muore. Non possiamo neppure parlare più di diritti universali». Non basta l’amore per crescere dei bambini, spiega, «servono due personalità differenti dal punto di vista psichico». Nella carriera scientifica «ha seguito tanti omosessuali. Sono aumentati moltissimo negli ultimi anni. La scienza e l’esperienza dicono che non c’è alcun difetto di natura in loro. Non esiste l’omosessualità naturale, non è iscritta nel Dna. L’omosessualità è un’elaborazione della psiche di modelli affettivi diversi da quelli verso cui la natura normalmente orienta. Questa tendenza è del tutto reversibile. Io mi sono scervellato per anni, ho letto molto su come si può correggere questa tendenza, il problema è che spesso, pur vivendo un disagio, molti di loro non vogliono correggersi». E’ possibile riconoscere  loro dei diritti (possibilità di succedere nel contratto di locazione, ricevere prestazioni assistenziali dai consultori familiari, astenersi dal testimoniare in processi che vedono coinvolto il partner etc.), «ma non si può andare oltre a concessioni di questo tipo. Pena la salute mentale di terzi». I figli, ma «anche alla stabilità della società intera. Questa sentenza abolisce l’evidenza e quando si abolisce il principio di evidenza naturale la mente compensa con squilibri psicotici gravissimi. Per questo pensare di introdurre l’uguaglianza dei sessi come normale significa attentare alla psiche di tutti. Penso poi ai più deboli: i bambini. Se gli si insegna sin da piccoli che quel che vedono non è come appare, li si rovina. Ripeto, pur non essendo solito fare affermazioni dure, dato che gli omosessuali sono persone spesso duramente discriminate, non posso non dire che introdurre l’idea che la differenza sessuale non esiste, e che quindi non ha rilevanza, è da criminali». Italo Carta, ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi di Milano (lo aveva già fatto in questa occasione). Intervistato da “La Stampa” ha affermato: «ritengo che le coppie di omosessuali e quelle di lesbiche che non solo adottano un bambino ma si fanno ingravidare e inseminare preparino un grave rischio di patologie per la prole». Ovvero «depressioni, disturbi della personalità e dell’identità […], collasso della funzione simbolica paterna». Lo psichiatra si è anche lamentato del fatto che queste questioni «ormai sono in mano a gruppi di pressione e politici entusiasti di aumentare il proprio consenso. Dell’aspetto psicologico clinico importa poco a tutti». In una coppia omosessuale il bambino avverte inevitabilmente «la violenza fatta alla realtà, con cui il ruolo paterno e materno vengono assunti, e la mancanza del diventare madre o padre per donare il figlio all’altro e stabilire un rapporto di reciprocità».
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23. Il professor Antonio Maria Baggio, politologo e docente di Filosofia politica presso l’Istituto universitario“Sophia” di Loppiano, ha invece affermato: «Il matrimonio come tale, anche se non è cristiano, è il solo matrimonio tra persone di sesso differente. Il cristianesimo poi valorizza l’unione naturale tra un uomo e una donna conferendo tutto l’apporto del sacramento […]. Però non serve avere la fede cristiana, o un’altra fede, per dare così tanta importanza all’unione in sé, perché è un dato di natura. Dobbiamo fare appello alla realtà dei fatti, cioè alla struttura antropologica dell’uomo e della donna.[…] Ciò che la cultura cristiana ha sempre pensato è che non sia necessaria la fede per riconoscere la verità dell’uomo». La difesa del matrimonio «è anzitutto una battaglia civile per fare in modo che la società abbia questo legame fondativo, importante, che è basato sulla fiducia reciproca di un uomo e una donna che si scelgono per l’intera esistenza. Questo crea una solidità nella società e questo ha anche un riscontro nella struttura psicofisica delle persone altrimenti si pensa che veramente in base ad un desiderio, ad un impulso, ad una esigenza individuale si possa decidere che l’essere umano è fatto diversamente da come in realtà è fatto. […] Ed è per fedeltà alla realtà che è necessario difendere il matrimonio tradizionale».
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22. Il filosofo Vittorio Possenti, docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, ha invece dichiarato: «Noi assistiamo da alcune decine di anni in Occidente ad una visione dei diritti umani che sta cambiando in maniera molto forte. Se noi stiamo accanto ad una visione dignitaria, i diritti umani sono centrati sulla persona e non possiamo decidere qualsiasi cosa. E invece, come accade con i diritti cosiddetti sessuali, andiamo verso una visione libertaria dei diritti umani e prendono grande rilievo esclusivamente i diritti di libertà. […] Noi non possiamo trattare cose diverse in maniera uguale. Quindi, c’è un richiamo al principio di non-discriminazione e di uguaglianza che va considerato molto attentamente». Il filosofo precisa meglio il suo pensiero: «Un matrimonio naturale, di cui parla l’articolo 29 della nostra Costituzione, non può essere assimilato ad un cosiddetto matrimonio omosessuale, perché manca in maniera intrinseca l’orientamento alla fecondazione e alla procreazione, che rimane un fine fondamentale della società naturale chiamata famiglia e fondata sul matrimonio». Ritorna quindi sui “presunti” diritti: «Un diritto umano è qualcosa che spetta alla persona come tale, ma non ogni pretesa della volontà o del desiderio può essere classificata sotto “diritto umano”. Si tratta comunque sempre di trovare qual è il bene che si intende tutelare. Se noi tuteliamo la famiglia, se tuteliamo il matrimonio fondato – appunto – sull’unione eterosessuale, sappiamo quali sono i beni che vogliamo tutelare. Nel caso di una unione omosessuale, non risulta immediatamente chiaro quale sia il bene che si vuole tutelare».
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21. Luce Irigaray, filosofa, psicanalista e linguista belga ha spiegato in un’intervista«se andiamo per la strada dell’abolizione della differenza sessuale non ci sarà un futuro per l’umanità. L’annullamento delle differenze tra uomo e donna risponde al fenomeno della tecnicizzazione, cioè un fenomeno contrario alla vita. Solo il mondo della tecnica è neutrale. La differenza uomo-donna è basilare per arrivare a costruire un modello democratico, che regoli tutte le altre differenze». Rispetto alle proposte di abolire le parole “padre” e “madre”, sostituendole con “genitore 1″ e “genitore 2″ ha commentato: «Le dirò, è una cosa da piangere. Mi viene la voglia di rispondere in modo radicale, ma mi trattengo: stiamo diventando un numero, la nostra identità naturale e storica viene riassunta in un numero, in une definizione neutra». Per quanto riguarda il matrimonio gay «il dibattito a riguardo in Francia ha diviso, anche profondamente, la stessa comunità gay. Una parte di essa non voleva questo matrimonio, anche perché in Francia abbiamo i Pacs. E allora, al limite, meglio potenziare i Pacs, che creare questo conflitto, che ha finito per dividere tutta la cultura francese? Ne valeva la pena? Secondo me no».
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20. Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio per i Diritti dei minori e e consulente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, ha affermato«Un’equipe, guidata dal prof. Loren Marks della Louisiana State University ha messo a punto un’ennesima analisi, pubblicata sul Social Science Research, che attesta le notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali». Una analisi, quella citata da Marziale, che secondo lui stesso, valida «quanto rilevato da Mark Regnerus, professore di Sociologia presso l’Università di Austin, a capo di un’equipe che ha osservato che quanti sono cresciuti in famiglie omosessuali sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati dei loro coetanei cresciuti in famiglie normali. Sono costretto a ripetere che non sono omofobo e che sono aperto ad ogni altro sacrosanto diritto civile per la comunità omosessuale, ma sulle adozioni non è dato transigere. Si tratta del diritto di ogni bambino ad avere una famiglia pedagogicamente completa delle figure di riferimento, maschile e femminile, e non già di appagare le voglie degli adulti che per avere figli devono ricorrere a metodi alternativi rispetto al naturale rapporto eterosessuale».
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19. Il giurista Antonio Gambino, professore ordinario di Diritto privato nell’Università Europea di Roma, ha spiegato che la sentenza«si pone in aperto contrasto con il complesso delle norme in materia familiare. A meno di non voler intendere che “vita familiare” sia ormai diventato sinonimo di qualunque forma aggregativa (dai club sportivi, alle “famiglie” aziendali, per passare ai vincoli solidaristici delle associazioni di tendenza». Ricorda che la responsabile di questa “sentenza creativa” è la stessa che nel 2007 ha firmato la sentenza Englaro, aggiungendo poi che «il diritto italiano affronta attualmente il tema della distinzione di sesso rispetto all’istituto del matrimonio civile» e che «tutti i giudici di legittimità della suprema Corte sono tenuti ad applicare. Dall’insieme delle disposizioni che disciplinano il matrimonio emerge con chiarezza che la diversità di sesso dei coniugi ne costituisce presupposto indispensabile e che solo a tale forma di unione il legislatore riconosce tutela e rilevanza giuridica». Anche «la rara giurisprudenza che si era occupata della questione ha considerato la diversità di sesso dei coniugi tra i requisiti minimi indispensabili per ravvisare l’esistenza di una famiglia. Sono norme che compongono elementi essenziali del cosiddetto “ordine pubblico” dello Stato, che implica l’illegittimità di matrimoni contratti da soggetti non distinti sessualmente». Si fa quindi notare che l’articolo 29 della Costituzione, riconosce, nel primo comma, “i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e «con tale espressione si intende che la famiglia contemplata dalla norma ha dei diritti originari e preesistenti allo Stato, che dunque il legislatore ordinario può “solo” riconoscere». Questo significato del precetto costituzionale «non può essere superato per via ermeneutica, con una semplice rilettura “culturale” (o, piuttosto, “ideologica”) del sistema». La normativa italiana dunque non può in alcun modo ritenersi “superata”, la quale «pone la famiglia, unione tra uomo e donna, quale cellula fondante della nostra società umana e, perciò, meritevole di norme di protezione di rango superiore rispetto ad altre unioni affettive».
In un’altra occasione ha continuato dicendo che in Italia non sarebbe possibile approvare il matrimonio omosessuale perché «il nostro matrimonio è fondato sulla distinzione tra i sessi. Sarebbe altresì necessario un massiccio intervento di modifica del Codice Civile, oltre che dell’articolo 29 stesso; il quale, a sua volta, si richiama alla concezione del matrimonio presente nel Codice Civile all’epoca vigente, nel ’42, ove veniva messa in risalto proprio la differenza di sesso». In ogni caso non è certo la maggioranza (degli Stati esteri o dei politici italiani) che connota l’etica: «Abbiamo avuto in passato maggioranze legittime che hanno realizzato leggi del tutto contrarie all’uomo. un esempio storico eclatante di come morale e legge non sempre coincidano, e che in casi estremi prevalga comunque l’etica lo abbiamo con il processo di Norimberga dove gli esecutori degli ordini e delle azioni più efferate furono condannati non sulla base delle leggi che, formalmente, gli avrebbero permesso di compiere i crimini che avevano commesso, quanto dei principi del diritto naturale».
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18. Lo psichiatra Eugenio Borgna, docente presso l’Università di Milano e primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara, ha affermato«Il matrimonio nasce dall’integrazione delle due psicologie diverse, quella femminile e quella maschile […], legami che prescindano da questa integrazione femminile/maschile si muovono su un campo diverso dal matrimonio e dall’istituto della famiglia, senza con questo discriminare nessuno: sono realtà profondamente differenti». L’affermazione secondo cui ormai è radicalmente superata la necessità che i coniugi siano di sesso diverso, è «apodittica, non motivata: non rivela il cammino con cui ci si è arrivati, non dà argomentazioni né ricostruzioni storiche e psicologiche. Insomma, è una fucilata che giunge senza un’origine, una opinione strana, tutt’altro che univoca e soprattutto non razionale, perché dà per scontato ciò che non lo è. Il senso comune è radicalmente – questa volta sì – allergico a una tesi simile». Il diritto dei gay a vivere liberamente una condizione di coppia, è «cosa ben diversa dal matrimonio, che nella nostra concezione della vita nasce dalla contestuale presenza dei due diversi mondi che lungo un progetto unitario uniscono le loro storie personali, anche sessuali, necessarie l’una all’altra per completarsi. Tanto più se ci sono figli, che senza ombra di dubbio hanno bisogno di una madre e di un padre, di due polarità ben precise, anche sessualmente definite. Secondo natura». Lo psichiatra ha fatto inoltre notare un errore clamoroso nella sentenza, quando si nega la valenza “naturalistica” alla differenza di sesso tra coniugi: «il termine “naturalistico” in psichiatria, che è una scienza biologica, significa una degenerazione del naturale, una deformazione. Insomma, chi ha redatto la sentenza ha usato un termine errato, incorrendo in un lapsus fragoroso e dicendo alla fine il contrario di ciò che intendeva sostenere. Cosa significa naturale? Ciò che si sviluppa spontaneamente, lungo orizzonti ontologici predicati nella condizione umana. Il “naturalistico” invece tradisce l’umano. Dunque sono d’accordo: la necessità che i due coniugi siano uomo e donna non è “naturalistica”, infatti è naturale».  Secondo la sua esperienza di medico, «la gente non si riconosce nelle parole di questa sentenza. Nemmeno chi a voce alta non ha coraggio di dirlo».
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17. Il giurista Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale, ha spiegato che la Cassazione ha riaffermato che «non c’è un diritto fondamentale a contrarre matrimonio da parte di due persone dello stesso sesso», nemmeno c’è il diritto ad essere riconosciute se si sposano all’estero. Inoltre la sentenza «respinge la richiesta della coppia gay di portare la vicenda davanti alla Corte di giustizia europea», poiché essa non è competente. Non siamo quindi davanti a “diritti fondamentali”. Il problema è che la Cassazione «non si fa più interprete del diritto vigente», ma parla di “concezione superata” riferendosi alla diversità di sesso come principio indispensabile per il matrimonio. Lo fa senza basi, «o la giurisprudenza manifesta convinzioni personali oppure pretende di farsi interprete della sensibilità sociale, ma questo non è suo compito», va oltre «quella che è la sua funzione interpretativa dell’ordinamento, e si spinge a fare una valutazione di tipo culturale». Oltretutto si dimostra contraddittoria in più punti. Bisogna anche insistere sul fatto che «la libertà di vivere in una condizione di coppia», come chiede la Cassazione, «esiste già e non richiede una distorsione dell’istituto del matrimonio».
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16. Pierre Lévy-Soussan, psichiatra specialista in adozione, ha affermato«Anche se sa che i suoi genitori adottivi non sono il suo genitori biologici, il bambino deve essere in grado di immaginare che “potrebbero” essere, deve fantasticare una scena di nascita possibile […] e credibile. Tuttavia, una coppia dello stesso sesso, non offrirà mai una genitorialità credibile». Si è dunque opposto a questa«mutazione antropologica importante: ci è stato detto che i bambini cresciuti da coppie omosessuali non sono peggiori di altri. Ma sulla base di quali studi, quali numeri? L’uomo non è come la madre, le interazioni con la madre sono radicalmente diversi da quelli con il padre».
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15. Il magistrato Guido Piffer, presidente di sezione del Tribunale di Milano, il magistrato Tomaso Emilio Epidendio e il magistrato Giuseppe Ondei, presidente della sezione famiglia e minori del Tribunale ordinario di Brescia, hanno scritto un articolo critico verso la sentenza della Cassazione, affermando: «lo spirito del tempo si incarna in quello che potremmo definire un “approccio sentimentale” alla giustizia», dove «si privilegiano le soluzioni alle questioni giuridiche che sentiamo emotivamente come giuste». Questo approccio presenta dei rischi, ovvero «rendere le decisioni sempre più imprevedibili e contraddittorie, in quanto legate alla soggettiva e mutevole emozionalità delle singole persone, fino ad arrivare ad uno scontro acceso tra posizioni irriducibili in quanto non fondate su ragioni, ma appunto su sentimenti, che si provano e non si argomentano, ciò che potrebbe portare (se non ha già portato) ad una crisi dell’attività di motivazione dei provvedimenti». Non avviene più l’analisi degli argomenti a favore e contro, ma «si sceglie la soluzione che si “sente” come giusta e si passa, poi, a cercare gli argomenti a sostegno, spesso senza neppure preoccuparsi della loro coerenza», creando «conflitti molto aspri su questioni delicatissime». Dopo questa considerazione generale i magistrati entrano nel tema della sentenza della Cassazione in un secondo articolo: il campo del matrimonio è «un terreno fertilissimo per un approccio “sentimentale” al diritto, perché sull’applicazione della norma ricade inevitabilmente l’influenza del bagaglio culturale ed emotivo di colui che quella norma deve applicare». A questo punto si analizzano le fallacie argomentative dei giudici della Cassazione, i quali interpretano il matrimonio come logica “instintuale”, cioè «soddisfacimento di un bisogno del corpo, in cui il partner è lo strumento di tale soddisfazione e in cui centrale diventa perciò la disposizione del “diritto sul corpo”». Per regolare ciò viene definito un “contratto”, utile a una «regolazione consensuale di prestazioni viste come corrispettive e nel quale la stessa differenza sessuale non ha alcun ruolo determinante». Ma, obiettano,«questa prospettiva non riconosce la dignità dell’altro, visto appunto come strumento di soddisfacimento di un bisogno, e non come persona». La seconda interpretazione del matrimonio da parte dei giudici della Cassazione è quello del legame sentimentale, e il mezzo giuridico è quello del«riconoscimento di diritti fondamentali, o comunque indisponibili». All’interno di questa logica, rilevano i magistrati, «nulla vieta che il sentimento possa legare persone dello stesso sesso e, spesso con suggestivi salti retorici». Ma il problema di questa interpretazione del matrimonio è che «la variabilità e mutevolezza nel tempo del medesimo comporta inevitabilmente la possibilità di scioglimento dal legameogni qual volta il suo fondamento sentimentale venga meno», con conseguenze «sulla stabilità delle famiglie. In altre parole, alla solidarietà che associa i diritti ai doveri viene sostituita una visione cheassolutizza il diritto alla felicità individuale, senza disponibilità ad integrarlo con il bene degli altri componenti del gruppo familiare: cessato il sentimento, non solo viene meno il fondamento sostanziale del matrimonio, ma il rapporto da strumento di realizzazione della propria felicità si muta nel suo opposto, diviene cioè causa della propria infelicità dalla quale ci si deve dunque liberare al più presto». Preoccupante, concludono i magistrati, è la tendenza a «trasformare qualsiasi nostro personalissimo desiderio in un diritto fondamentale», e questo «non è affatto innocuo e vantaggioso per tutti, perché comporta l’insorgenza di obblighi e la possibilità coattiva di farli rispettare: occorre cioè investigare i caratteri che una unione deve avere per aspirare ad ottenere rilevanza giuridica, ad assurgere addirittura a diritto fondamentale e bisogna chiedersi se davvero tutte le unioni possano avere queste caratteristiche»Nel loro terzo articolo, sottolineano che la “promessa” è il fondamento del matrimonio, cioè un impegno che entrambi i coniugi unilateralmente si scambiano liberamente di fronte alla società per istituire una comunità destinata fisiologicamente a durare. Ribadiscono che «i termini e i concetti giuridici non sono per nulla “neutri” ed intercambiabili a piacimento, perché ognuno di essi sottende una precisa concezione, una scelta di valore: il matrimonio in una prospettiva strettamente volontaristica non è il matrimonio in una prospettiva istituzionale».
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14. La docente di diritto pubblico presso l’Università di Rennes, Anne-Marie Le Pourhiet, ha ricordato che«il matrimonio è definito come l’unione di un uomo e di una donna, e lo scopo della istituzione legale è quello di garantire la stabilità della coppia e la tutela della loro proleQuesto è sancito dall’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La pretesa della lobby gay tende a distorcere la definizione del matrimonio per fargli perdere il suo significato e la sua funzione. E’ come se dicessimo che camminare è discriminatorio perché significa muoversi mettendo un piede davanti all’altro, e questo è offensivo verso chi è privo di gambe, o nei lattanti».  Rispondendo a coloro che giustificano le nozze gay tramite la presenza di un amore corrisposto, la giurista ha spiegato: «l’amore non ha nulla a che fare con il codice civile. Questo argomento è sciocco, ma anche pericoloso, perché può essere usato contro tutte le norme che regolano il matrimonio. Se un uomo ama tre donne, si sosterrà che il divieto di poligamia è discriminatorio, lo stesso se un fratello e una sorella si amano, si toglierà il divieto di matrimonio tra adolescenti ecc»
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13. Maurice Berger, responsabile del Servizio di Psichiatria del Bambino presso il CHU di Saint Etienne, ha rivelato a proposito di adozione omosessuale:«il bambino finirà di fronte ad un enigma sessuale. Ecco perché quelli che ho ricevuto erano generalmente inquieti. Erano impossibilitati a connettersi alla concezione della sessualità e tenerezza dei genitori, non riuscivano a trovare una soluzione nel loro funzionamento mentale»
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12. Adriano Pessina, docente di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano, della quale dirige il Centro di Bioetica, ha spiegato che«nel dibattito sull’omosessualità si tende a negare che esista una differenza fra maschile e femminile, sostenendo che sia indifferente essere maschio o femmina e che sia dunque indifferente che una coppia sia formata da un uomo e una donna oppure da due donne o da due uomini. Tanto l’importante sarebbe amarsi…». Ma il maschile e il femminile sono necessari per la definizione stessa della condizione umana, «e non si può certo sostenere che la differenza fra uomo e donna sia una teoria cattolica: è invece fondamentale persino per l’evoluzionismo». La complementarietà tra i due sessi «è decisiva per tutti: una società matura deve valorizzare la differenza, non mortificarla». Dunque a livello politico «è giusto che lo Stato tuteli con maggior vigore la famiglia eterosessuale come luogo della nascita. Un conto è parlare del riconoscimento di alcuni diritti giuridici degli omosessuali (che ritengo giusti), un conto è sostenere il diritto ad avere figli (come se esistesse, poi, questo diritto: nessuno ha diritto a un figlio, perché i diritti si hanno sulle cose, non sulle persone)». Ha quindi aggiunto il filosofo: «la vera domanda è: qual è il “valore aggiunto” proprio dell’omosessualità che lo Stato può tutelare? Io non credo che nell’omosessualità ci sia un “di più”, ma sono disposto ad ascoltare dialogare. Vedo però qual è il “di più” dato dall’eterosessualità: il difficile equilibrio di una relazione che comprende le differenze fra maschile e femminile, che va anche al di là della questione dell’avere figli». Infine: «Di fatto ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanotrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona? Le differenze fra maschile e femminile sono un aspetto decisivo dell’umano. Che non può essere negato». Concludendo ha anche smontato l’argomento ricattatorio basato sul fatto che l’Italia dovrebbe adeguarsi ad alcuni Paesi europei: «Questa è una valutazione di cui discutere. Le differenze non possono essere viste sempre e solo come un problema, ma anche come una possibilità. Perché invece di copiare dagli altri paesi non maturiamo insieme una scelta argomentata, non ideologica, in cui contino i valori umani e non solo la lotta per difendere i propri interessi più ancora dei diritti condivisi?».
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11. Maria Rita Parsi, psicologa e fondatrice dell’associazione “Movimento Bambino”, ha spiegato«Per i bambini quel che vale è l’amore. Però è importante che le bambine trovino un punto di riferimento maschile e i maschietti uno femminile per sviluppare e indirizzare la loro ricerca di un partner quando saranno adulti. Crescere con genitori omosessuali senza avere punti di riferimento dell’altro sessocostituisce un limite». Chi è a favore dell’adozione per le coppie omosessuali intende volontariamente mettere il bambino in una condizione di svantaggio. Ha poi proseguito la psicologa: «cure e amore non sono patrimonio esclusivo delle coppie etero. Vero è, però, che quando si arriva alla fase del complesso edipico è importante avere una doppia realtà di riferimento, maschio e femmina. È fondamentale per sviluppare il cervello e la personalità. Perché i bambini abbiano uno sviluppo pieno e completo, i modelli di riferimento devono essere maschili e femminili. E non devono essere necessariamente il papà o la mamma, possono venir individuate figure esterne alla coppia. Ci tengo però a precisare una cosa. Il rapporto fondamentale e primario resta quello con la madre. Un rapporto prioritario che comincia nella vita prenatale, che è determinante al momento del parto, fondamentale nei primi attimi e nelle prime settimane di vita. Talmente importante ed essenziale che non può essere sostituito da nessun altro»
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10. Francesco Paravati, presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO), ha dichiarato in merito alle cosiddette “nuove famiglie” (divorziati, conviventi, omosessuali…): «Quello che c’è di scientifico oggi dimostra che il bambino cresce confuso nell’identità perché perde i punti di riferimento, sia nelle “famiglie” monoparentali che nelle unioni omosessuali. Il problema a carico del bambino è una difficoltà ad interloquire con punti di riferimento chiari». In questi contesti familiari, ha continuato Paravati, «il bambino rimane ancora più, diventa un bambino meno sociale, un bambino che matura più tardi, con ritardi nel linguaggio». In particolare, i figli delle coppie omosessuali «in Italia sono 100 mila, ma negli Stati Uniti sono milioni e il problema è davvero ragguardevole e occorre davvero una riflessione. La problematica è data principalmente dal fatto che il bambino, sopratutto nei primi anni di vita, è più confuso in cui manca un riferimento ad un’identità di entrambi i genitori. Avere due mamme, una mamma che fa da papà diventa difficoltoso, anche nei riscontri dell’ambito sociale. Il punto principale è la crescita in uno stato di confusione per quanto riguarda i punti di riferimento genitoriali, importante nella vita psicologica di un bambino». Ha anche sottolineato che in ogni caso «le problematiche delle “nuove famiglie” sono fenomeni recenti, tutti i risultati di qualunque organismo scientifico sono perciò preliminari e non definitivi. Avrei comunque un atteggiamento pregiudiziale». In conclusione, rispetto alle famiglie monoparentali (separazione), «il problema del bambino è decisamente complesso. Queste famiglie sono confuse nei loro confronti, spesso i genitori hanno troppi anni per accudirli, esistono 4-6 nonni in seguito alla prima e seconda unione. E’ una situazione devastante per i bambini».
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9. Il docente di Giurisprudenza presso l’Università di Princeton, Robert George, il docente di filosofia presso la stessa università, Sherif Girgis e il docente di Scienze politiche presso l’Università di Notre Dame,Robert Georgehanno pubblicato uno studio sul matrimonio -su “Harvard Journal of Law and Public Policy”, una delle riviste giuridiche statunitensi più importanti-, in cui affermano che l’unione tra un uomo e donna è un bene per la società, mentre il riconoscimento di quello omosessuale è una minaccia. Lo hanno dimostrato senza appellarsi a nessun argomento teologico. Ciò che lo rende un bene in sé è il suo orientamento intrinseco alla procreazione e all’educazione dei figli. Le tradizioni religiose, affermano, hanno solo riconosciuto quella che è un’istituzione naturale. Il matrimonio, infatti, è una pratica sociale la cui base può essere compresa dalla ragione umana comune, qualsiasi sia la nostra tradizione religiosa. Fanno notare che non c’è nessuna discriminazione nel non riconoscere le coppie omosessuali, così come non c’è discriminazione nel non riconoscere con la legge le unioni aperte, temporanee, poligamiche, incestuose o animali. E’ vero, l’incesto può generare bambini malati, ma perché lo Stato non dovrebbe riconoscere l’incesto tra adulti sterili? Il matrimonio implica un’unione completa tra gli sposi, anche l’unione fisica degli organi ma gli omosessuali non hanno nessun organo da unire, dunque la loro unione non può essere matrimoniale se per matrimoniale si intende l’unione completa e quindi anche organica. Il matrimonio, spiegano, è l’unione completa di due persone sessualmente complementari che consumano la loro relazione in un atto che è di per sé generativo. Inoltre, data la tendenza della relazione matrimoniale alla procreazione non sorprende che, secondo le più accessibili e migliori evidenze sociologiche, i bambini raggiungono i punti più alti negli indicatori di crescita sana quando sono educati dai loro genitori biologici. Il matrimonio omosessuale influisce negativamente su quello eterosessuale in quanto abolendo il concetto coniugale di matrimonio si indebolisce l’istituzione sociale del matrimonio,oscurando il valore della genitorialità di sesso opposto e minacciando la libertà morale e religiosa. Inoltre, riconoscere un’unione in base a un sentimento emotivo tenderà a far crescere l’instabilità coniugale e indebolire l’aspettativa sociale che si ha sul matrimonio significa rendere più difficile ai coniugi il compito di attenersi alle norme del matrimonio naturale. La cosa fondamentale è poi l’oscuraramento del valore della differenza sessuale dei genitori, la quale è ampiamente dimostrato dalla medicina e dalla sociologia essere la migliore per la crescita della prole. L’affermazione omosessualista di riconoscere una relazione romantica non tiene: se l’unione tra due uomini deve essere riconosciuta sulla base dell’amore romantico, perché non dovrebbe essere riconosciuta anche quella tra tre uomini? Non si può nemmeno riconoscere le unioni omosessuali come matrimoniali sulla base di ciò che causa l’omosessualità, come unatendenza genetica secondo alcuni. La bontà del matrimonio naturale e il suo apporto al bene comune, concludono gli studiosi, possono essere compresi, analizzati, e discussi senza argomentazioni teologiche.
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8. Gli psicoanalisti Monette Vacquin e Jean-Pierre Winter hanno pubblicato un articolo su “Le Monde” in cui scrivono: «Le parole padre e madre saranno soppresse dal codice civile. Queste due parole che condensano tutte le differenze, poiché portatrici sia della differenza dei sessi che di quella delle generazioni, scompariranno da ciò che codifica la nostra identità. Bisognerebbe essere sordi per non sentire il soffio giovanilistico che percorre tutto questo. Questa violenza, deflagratrice, non è certo solo il fatto di una minoranza di omosessuali che richiedono il matrimonio. Senza eco collettiva del problema della perdita o del rifiuto di qualsiasi punto di riferimento trasmesso, questa violenza avrebbe suscitato nel migliore dei casi la risata o il disagio, non la soddisfazione pura e semplice. Questo avvenimento è tuttavia portato avanti da una ultra-minoranza, con il ricorso indispensabile di un linguaggio che è la rovina del pensiero: il politicamente corretto. La “levigatura” della forma, oggetto di una sorveglianza ideologica puntigliosa, maschera il terrorismo che fa regnare e che porta ad un’ “etica” dell’odio e della confusione, in nome del bene liberato da ogni negatività… cosa che l’umanità non è. Da un lato, secoli e secoli di uso, che fanno sì che matrimonio e alleanza di un uomo e di una donna siano una cosa sola. Dall’altro, la rivendicazione di una minoranza di attivisti che sanno parlare il linguaggio che si desidera sentire oggi: quello dell’egualitarismo ideologico, sinonimo di indifferenziazione. E maneggia efficacemente il ricatto dell’omofobia, che impedisce di pensare. Non spetta agli Stati adeguarsi alle provocazioni di alcuni ideologi che parlano una lingua confusa, ma con violenza, sbalordendo o terrorizzando i loro obiettori con dei sofismi. Ancor meno dare a queste provocazioni una forma istituzionale. È probabile che il mondo assorbirà questo con indifferenza, che è l’altro nome dell’odio. È perfino a questo che cominciamo ad assomigliare: non più ad un’umanità conosciuta, ma ad un mondo indifferente. Neutro. Neutralizzato».
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7. Il sociologo Pietro Boffi, ricercatore del Cisf (Centro internazionale Studi famiglia) ha riflettuto«occorre interrogarsi se la definizione di famiglia finora valida sia ormai vuota. Io sono convinto di no: maschio e femmina, un padre e una madre, sono categorie che non si buttano in un attimo, non possiamo ignorare l’intera psicologia dell’età evolutiva. Stiamo assistendo a una disarticolazione delle categorie mentali dell’umano». Anche tenendo in considerazione le coppie gay, ha ricordato che «la famiglia non è solo il luogo degli affetti, ma si regge su un patto che garantisce davanti a tutta la società due cose: la stabilità e la procreazione. Da sempre la procreazione è un fatto sociale, esce da un aspetto meramente privato. Ecco perché il matrimonio è un istituto giuridico».
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6. La psicologa Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, ha ricordato che «affermare che l’unione di un uomo e una donna è uguale a quella tra persone dello stesso sesso significa pensare che tra maschio e femmina non c’è differenza, cioè che ogni individuo è totipotente e indifferenziato, che non ha limiti, perché ognuno è tutto. Non a caso il terreno di questa battaglia è proprio il sesso, la differenza più radicale nella persona, l’aspetto davvero fondante del limite: chi è maschio non è anche femmina e viceversa. Pensiamoci bene: qualsiasi donna incinta chiede subito se il figlio “è maschio o femmina”, perché così ne conoscere l’identità». Secondo la neuropsichiatra, l’adozione di un figlio da parte delle coppie gay «provocherà danni molto gravi a questi minori. Potrà vivere quel bambino con due genitori maschi (o femmine)? Dipende: se vogliamo crescerlo nell’onnipotenza sì, ma sappiamo che questo non lo farà stare bene. Il fatto è che oggi si pensa che amare un figlio significhi solo riversargli addosso dell’affettività, ma così non è. A forza di desensibilizzare le persone e di svuotare le parole del loro vero significato – famiglia, matrimonio, diritti – si diluisce ogni confine»
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5. Carlo Cardia, docente presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre, ha sottolineato che la «primordiale relazione tra genitori e figli è tutelata dalla Convenzione sui diritti umani e dalla nostra Carta Costituzionale. Per l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 il “fanciullo ha diritto a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”, mentre la Costituzione italiana oltre alla celebre formula dell’articolo 29 per la quale “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio è dovere e diritto dei genitori mantenere ed educare i figli”». In caso contrario «il bambino viene «privato artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane, sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto con il padre e la madre. Siamo di fronte ad una concezione che attinge il suo humus culturale alle forme illuministiche più primitive, nega ogni preziosità dell’esperienza umana, e ritiene che anche per la dimensione della paternità e maternità il genere umano possa ricominciare daccapo, perché l’educazione e la formazione del bambino può avvenire contro i parametri naturali e le garanzie che la famiglia presenta in ogni epoca e in tutti i Paesi del mondo. Si intravede in questo modo un profilo disumanizzante della tendenza a spezzare il legame del bambino rispetto ai genitori naturali, che comporta il declassamento dei suoi diritti proprio in quella fase più delicata dell’esistenza che condiziona per sempre la crescita successiva».
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4. Domenico Simeone, psicologo, psicoterapeuta e professore associato di Pedagogia generale presso l’Università degli Studi di Macerata, ha affermato«Crescere con una madre e con un padre, quando è possibile, significa conoscere il valore educativo della differenza, significa inscrivere la parentalità in una rapporto che chiama in causa la corporeità, significa sperimentare una rete relazionale costruita sul riconoscimento dell’alterità. Il fenomeno delle coppie omoparentali è relativamente recente. Molti studi mettono in guardia sulle difficoltà che i bambini che crescono con persone dello stesso sesso possono incontrare. Dal punto di vista scientifico credo sia necessario approfondire le conoscenze del fenomeno in modo rigoroso, guardando la questione dal punto di vista del bambino e dei sui bisogni. Troppo spesso nel dibattito prevalgono i presunti “diritti” degli adulti e ci si dimentica di tutelare la crescita dei bambini.  La differenza di genere tra padre e madre e tra genitore e figlio costituisce l’elemento fondamentale per imparare ad amare, costruendo relazioni e accettando il limite che è in esse inscritto. Nel crogiuolo di tali relazioni i bambini vivono processi di identificazione e riconoscono le differenze, stabilendo relazioni significative. È la differenza che permette la triangolazione della relazione e il riconoscimento dell’alterità. Non è qui in discussione la capacità di cura che possono avere le coppie omogenitoriali quanto piuttosto l’articolazione delle relazioni che i figli possono stabilire».
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3. Giuseppe Di Mauro, presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), affiliata alla SIP Società Italiana di Pediatria, ha escluso ogni possibilità alle adozioni gay: «noi ci batteremo sempre sul fatto che la famiglia è composta da uomo e donna con figli, e possibilmente con più di un figlio». Ha poi continuato il pediatra, rispetto alle famiglie monoparentali: «se nel contesto sociale il bambino si trova a vivere solo con la mamma o solo con il papà, sicuramente c’è una diversità, c’èqualcosa che non funziona». Parlando di unioni omosessuali, «io mi auguro che in Italia e in Europa non venga mai approvata una legge sulle adozioni gay, questi bambini che emulano la famiglia, i genitori…si rischia di fare un esercito di gay, è qualcosa che non vedo bene, è tendenzialmente ad alto rischio che il bambino abbia problemi psichiatri e psicosomatici. Creiamo un diverso, un qualcosa di anti-naturale, noi abbiamo maschi e femmine e non vedo altre caselle». Il pediatra ha quindi proseguito: «sono sicuro che la stragrande maggioranza di questi ragazzi possono avere dei problemi non indifferenti. Se la famiglia è il punto di riferimento, allora io che sono figlio di due gay come posso fare tutto il contrario di quello che fanno i miei genitori?». La famiglia deve insegnare anche il comportamento sessuale, «ci sono attività e comportamenti che il bambino vuole condividere con il padre e altri con la madre. Noi dobbiamo combattere sul fatto che il nucleo uomo-donna-bambini non deve sfaldarsi». De Mauro ha infine ribadito la più totale contrarietà all’adozione da parte di coppie gay, «non permetterei mai, se fossi io a decidere in Italia, di far allevare un figlio -con tutto il rispetto ai gay- ad una coppia omosessuale. L’importante è difendere il bambino, a me interessa questo. L’omosessuale faccia l’omosessuale, ma non è adatto ad accudire un figlio, non può andare contro natura. Io penso al bambino, noi pediatri vogliamo una salute fisica e psicologica del bambino».
In un’altra occasione ha confermato«Da pediatra ritengo che il bambino deve incontrare stili educativi diversi, uomo-donna; dal suo punto di vista l’habitat migliore è quello di una famiglia composta da padre e madre uniti il più a lungo possibile. Perché quello che deve interessare è il bambino. Non c’entra niente il “diritto” dei genitori, non sono in discussione quelli legali o civili degli omosessuali, c’è di mezzo un’altra persona. Bisogna chiedersi: in queste situazioni il bambino è contento? Come medico mi interessa non solo la sua salute fisica ma anche quella psichica, etica e morale, il suo equilibrio affettivo».
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2. Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea all’Universita degli Studi di Roma La Sapienza, ha parlato della«minaccia che grava su quanti si oppongono a questi “matrimoni”: essi sarebbero contrari all’uguaglianza dei gay, quindi omofobi. Come se non si potesse difendere il diritto delle persone omosessuali a non essere sottoposti ad alcuna discriminazione e, al tempo stesso, essere contrari a concedere loro il matrimonio. Come se l’uguaglianza fra i cittadini dovesse essere ratificata dallacancellazione di ogni differenza, negando in questo caso quella sessuale. La storia e il diritto insegnano che l’uguaglianza fra i cittadini deve essere sempre commisurata alle differenze che la realtà stabilisce fra loro. I diritti dei bambini non sono quelli degli anziani, i diritti delle donne sono diversi per alcuni aspetti da quelli degli uomini. E questo non significa che non godano di una uguaglianza di fronte alla legge: un’uguaglianza che tiene conto delle possibilità differenti, ma non per questo meno preziosa e positiva. Il matrimonio non è solo un contratto come tanti altri che può funzionare o meno, ma è il legame istituzionale alla base di una famiglia, è l’istituzione nata per proteggere e garantire la filiazione, stabilita in modo da determinare i diritti e i doveri che passano fra le generazioni. Dal momento che una coppia omosessuale non prevede la filiazione, è una realtà diversa. L’utopia dell’uguaglianza, che ha già portato tanti danni nel Novecento, si presenta così sotto nuove vesti, chiedendo di dichiarare uguali legami che non lo sono, e ricominciando, in questo modo, a illudere l’umanità come ha fatto in passato il socialismo reale. Dire che il matrimonio fra una donna e un uomo è uguale a quello fra due omosessuali costituisce, infatti, una negazione della verità che intacca una delle strutture base della società umana, la famiglia. Non si può fondare una società su queste basi senza pagare poi prezzi altissimi, come è già avvenuto in passato quando si è cercato di realizzare una totale uguaglianza economica e sociale. Perché ripetere lo stesso errore per inseguire ancora una volta un’utopia ormai consunta?». Rispetto all’adozione per le coppie omosessuali, «sappiamo bene che il desiderio di avere un figlio del proprio sangue — o almeno del sangue di uno dei due membri della coppia — prevale nella realtà delle coppie omosessuali su quello di adozione, dando luogo a nuove forme di sfruttamento, come la compravendita dei gameti e l’utero in affitto. Se è senza dubbio vero che, oltre al problema dei matrimoni omosessuali, ci sono tanti altri “disordini antropologici” su cui intervenire, fra questi dobbiamo senza dubbio annoverare quelle forme di sfruttamento che le nuove biotecnologie suscitano e favoriscono, anche nella procreazione assistita. E sicuramente il riconoscimento dei matrimoni gay non farebbe che stimolarne altre. Linguisti e psicologi stanno mettendo in guardia la società dallo svuotare del significato proprio i termini: il concetto di famiglia non si può allargare a dismisura, senza distruggere l’identità di una delle istituzioni più importanti di una società, e altrettanto avviene per la definizione di madre e di padre. Perché non ascoltare la parola di chi segnala questi errori?»
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1. Rosa Rosnati, docente di Psicologia dell’adozione e dell’affido presso l’Università Cattolica di Milano ha spiegato che«crescere godendo della presenza di un padre e di una madre consente al bambino di conoscere dal vivo cosa vuol dire essere uomo e donna e, quindi, definire nel tempo una solida identitàmaschile o femminile. Allo stesso tempo il bambino potrà fare esperienza della relazione tra uomo e donna, capace di accogliere e valorizzare le differenze. Due genitori dello stesso sesso non possonofornire questa esperienza di base, quindi il bambino sarà gravato da un compito psichico aggiuntivo. Ai bambini adottati la società deve fornire condizioni ideali di crescita, non esporli ad altri fattori di rischio».
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